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Realtà temporanee o città permanenti?

The Fountains of Za’atari è un interessante progetto di Margherita Moscardini per l’area semidesertica del governatorato giordano di Mafraq al confine con la Siria, dove vivono circa ottantamila rifugiati siriani. Il campo, nato nel 2012, ha raggiunto nel 2014 una popolazione di centocinquantamila abitanti e rappresenta oggi la quarta città della Giordania per estensione. Za’atari riassume tutti i problemi nati in seguito alla guerra in Siria, non ancora conclusa dopo più di otto anni, ma contemporaneamente ci mostra una sorprendente capacità di reazione e integrazione della popolazione residente, la quale è riuscita a trasformare questo campo in un modello virtuoso di città non più temporanea ma destinata a durare nel tempo con scuole, ospedali, moschee, negozi, ristoranti, servizi, campi sportivi, luoghi di ricreazione e in un valore per il paese ospitante che a differenza dell’Unione europea, tranne le parziali aperture di Germania e Svezia, non ha chiuso le proprie frontiere di fronte alla più grave crisi umanitaria dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il progetto, presentato in occasione del Festival della Fotografia europea 2019 di Reggio Emilia dal titolo Legami. Intimità, relazioni, nuovi mondi in cui si possono ammirare fino al 9 giugno le antologiche di Horst P. Horst e Larry Fink e, tra le altre, le personali di Justine Emard, Pierfrancesco Celada, e Giovanni Chiaromonte, mostra attraverso un allestimento con opere, video e disegni, il censimento dei cortili con fontana realizzati dagli abitanti del campo sul modello delle abitazioni tradizionali arabe effettuato da Margherita Moscardini tra il settembre 2017 e il marzo 2018 con la collaborazione della giornalista Marta Bellingreri e del gruppo di lavoro diretto dall’ingegnere Abu Tammam Al Khedeiwi Al Nabilsi.
In seguito alla mappatura, Moscardini ha definito un sistema con cui si possono creare, con resine e sabbia della Giordania, sculture che riproducono i modelli di cortile con fontana di Za’atari a grandezza naturale. Secondo il progetto dell’artista, che ha avuto una prima tappa lo scorso anno presso la Fondazione Pastificio Cerere di Roma, queste sculture a testimonianza della loro origine apolide (“buchi neri, power vacuum su suolo nazionale”, scrive Moscardini), paradigma del tempo in cui viviamo, dovranno avere una giurisdizione speciale e potranno essere acquistate per installazioni permanenti o allestimenti da amministrazioni e istituzioni pubbliche europee. I guadagni ottenuti andranno a beneficio dell’originario ideatore della fontana e generare così un sistema virtuoso di sostegno all’economia del campo.
A Reggio Emilia, oltre alla mostra presso la Collezione Maramotti, sono stati presentati la prima scultura pubblica, collocata nel Parco Alcide Cervi, e un libro dell’artista in due volumi che sarà pubblicato nel corso dell’anno. Il primo includerà una guida del campo che potrà facilitare l’acquisto dei modelli di cortile con fontana, mentre nel secondo saranno inseriti alcuni contributi sui temi analizzati da Margherita Moscardini tra cui il ruolo sempre più importante delle città come sistemi in grado di reagire alle mancanze degli stati nazionali.

The Fountains of Za’atari.
Collezione Maramotti, Reggio Emilia, mostra fino al 28 luglio. 
Parco Alcide Cervi, Reggio Emilia, installazione permanente.
Info: collezionemaramotti.org, fotografiaeuropea.it

Un’immagine di Za’atari, still da video.
Courtesy Collezione Maramotti © Margherita Moscardini.




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